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La possibile trasformazione del termine dell'articolo 1137 codice civile da sostanziale a processuale

Approfondimento

Di: Vincenzo Nasini

Pubblicato in data: 2023-12-18

Il nostro ordinamento, quanto ai termini processuali, prevede quelli legali, ovvero quelli espressamente previsti dalla legge, e quelli giudiziali, cioè fissati dal giudice.

 

I termini legali si distinguono a loro volta in dilatori, quando fissano il momento prima del quale un atto non può essere compiuto, e acceleratori, quando indicano il momento entro il quale un atto può essere o deve essere compiuto.

 

Dall’inosservanza di un termine perentorio scaturisce la sanzione eccezionale, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, della nullità assoluta ed insanabile dell’atto processuale, ciò che invece non si verifica automaticamente per il mancato rispetto dei termini ordinatori; in quest’ultimo caso la decadenza può verificarsi previa valutazione discrezionale del giudice.

 

La riforma del 2013 ne ha modificato l’aggettivazione e da tale modifica “formale” potrebbero discendere effetti “sostanziali”.

 

Invero, mentre nel primo testo della norma si faceva riferimento al termine per l’impugnazione di una delibera dell’assemblea dei condomini in termini decadenziali, (trenta giorni dalla data dell’adozione della statuizione per i dissenzienti o dalla data di comunicazione del verbale per gli assenti), con la nuova formulazione si configura il termine anzidetto nell’ambito di una nuova qualificazione, quale quella di “termine perentorio”.

 

Testo ante riforma:

 

"Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini

 

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa.

Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti”.

 

Testo vigente:

 

Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.

 

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti […]

 

Altra esplicitazione da parte del legislatore, in seno alla norma novellata, riguarda la natura dell’azione di impugnazione qualificata come di annullamento, tanto che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nel ravvisare che la norma in disamina sia di ius singulare – cioè ispirata ad un interesse pubblicistico volto a garantire la continuità gestionale del condominio – e, in quanto tale inderogabile (vedasi anche previsione di richiamo di cui all’articolo 1138 codice civile), rileva parimenti che il vizio di nullità che potrebbe affliggere un deliberato vada considerato come una eccezione, per casi tipizzati in tre fattispecie: (i) impossibilità giuridica e materiale; (ii) mancanza di causa; (iii) illiceità (violazione norme imperativa, ordine pubblico, buon costume).

 

Ritornando alla questione temporale che contraddistingue l’azione di impugnazione di un deliberato, va detto, altresì, che lo stesso prima della riforma era stato definito come un termine sostanziale di natura processuale.

 

Agli annali si rammenta la Sentenza nr 49 emessa in data 2 febbraio 1990 dalla Corte Costituzionale, con cui si dichiarò l'illegittimità dell'art. 1 della legge del 07 ottobre 1969 n. 742 in funzione dell'art. 24 Costituzione (diritto di difesa), nella parte in cui non riconosceva applicabile l'istituto della "sospensione feriale" anche al termine di cui all'art. 1137 cod. civ., per come qualificatosi "termine sostanziale a rilievo processuale".

 

Logico corollario dell’assunto, dal punto di vista processuale, è stata poi la qualificazione della eccezione di decadenza dal diritto potestativo di impugnazione del deliberato, posto in capo al condomino, che la giurisprudenza costantemente qualifica come una di quelle riservate alle parti processuali (dicasi, in gergo, “in senso stretto”), ovvero non rilevabile d’ufficio.

 

Invero, il termine di decadenza previsto dall'art. 1137 codice civile ha natura sostanziale e non processuale e, quindi, non essendo sottratto alla disponibilità delle parti, la decadenza non può essere rilevata di ufficio dal giudice (Cass. Civ., sez. II, 01/04/2008, n. 8449): trattasi di c.d. eccezione in senso proprio, da sollevarsi nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata.

 

Il che significa, altresì, che la mancata formulazione della eccezione in seno ad una comparsa di costituzione e risposta presentata dal condominio venti giorni prima dalla data d’udienza, a norma dell’articolo 167 codice procedura civile, penalizzerebbe definitivamente la difesa del condominio, non potendo più sollevare l’addotta decadenza per ragioni meramente processuali.

 

La distinzione tra eccezioni rilevabili e non rilevabili d’ufficio è, peraltro, oggetto di un ampio confronto nella giurisprudenza della Suprema Corte. Si assume, infatti, che le eccezioni sono tutte rilevabili d’ufficio, ossia sono tutte ec

 

cezioni cosiddette in senso lato, ricorrendo invece la necessità dell'iniziativa di parte solo nel caso di esistenza di una eventuale specifica previsione normativa in tal senso, ovvero nel caso in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (tra le tantissime e quindi senza alcuna pretesa di completezza Cass., Sez. Un., 25 maggio 2001, n. 226; Cass. 5 agosto 2013, n. 18602; Cass. 5 giugno 2014, n. 12677; Cass. 27 luglio 2015, n. 15712).

 

In molti casi, dunque, è la stessa legge che riserva l’eccezione alla disponibilità della parte: basti pensare, quanto alle eccezioni di merito, all’eccezione di compensazione (art. 1242 c.c.), o eccezione di prescrizione (art. 2938 c.c.). In altri casi, invece, l’esigenza dell’iniziativa di parte discende dalla stessa struttura dell’eccezione, pur in mancanza di una previsione espressa; e segnatamente:

 

1.     art. 1442 c.c. per l’eccezione di annullamento del contratto;

 

2.     art. 1449 c.c. per l’eccezione di rescissione;

 

3.     art. 1460 c.c. per l’eccezione di inadempimento;

 

4.     art. 1494 c.c. per l’eccezione di vizi della cosa venduta;

 

5.     art. 1944 e 1947 c.c. per l’eccezione di beneficio di escussione a favore del fideiussore;

 

6.     art. 1359 c.c. per l’eccezione di avveramento della condizione.

 

Non può che residuare un dubbio sull’esatta configurazione del “nuovo” termine dell’articolo 1137 codice civile, per quanto trasformato da “decadenziale” a “perentorio”, anche alla luce della trascorsa vicenda portata dalla disciplina speciale intervenute nelle more dello stato di emergenza covid (cfr, art. 83 del D.L. 18 del 17 marzo 2020), la quale ha disposto la sospensione dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali ”,intendendosi pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti “…per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio … e, in genere, tutti i termini procedurali ”, con differimento alla fine di detto periodo dei termini il cui decorso abbia avuto inizio durante il periodo di sospensione”, ivi comprendendosi pacificamente anche il termine di cui all’articolo 1137 codice civile.

 

A ben vedere, la configurazione del termine di impugnazione di cui all’articolo 1137 codice civile come termine processuale potrebbe essere un’argomentazione da utilizzare per legittimare l’effetto della sospensione prodotta dalla comunicazione dell’istanza di mediazione al condominio, in luogo dell’applicazione dell’istituto decadenziale, per quanto di rilievo sostanziale.

 

La decadenza dalla domanda giudiziale di impugnazione della delibera è, infatti, impedita, ai sensi dell’art. 5, 6° comma, d.lgs 28/2010 , dalla domanda di mediazione, che della prima costituisce pure condizione di procedibilità. L’art. 71-quater , 2 co., disp.att. cod.civ., prevede poi che “la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”.

 

La formulazione della norma, tuttavia, non è stata delle più felici, sia perché ha disposto che l'impedimento della decadenza decorre dal momento della comunicazione alle altre parti dell'istanza di mediazione sia perché "se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale".

 

In questi termini ci si è poi chiesti se in caso di fallimento della mediazione l'eventuale termine di decadenza ricominci a decorrere per il medesimo e intero periodo previsto dalla specifica legge applicabile oppure soltanto per la residua parte di esso non ancora consumata fino alla data dell'inoltro dell'invito di partecipazione alla controparte.

 

Per il Tribunale di Palermo - con  sentenza del 19 settembre del 2015 -  il termine in questione sarebbe da considerarsi unico e quindi il tempo trascorso tra lo svolgimento dell'assemblea (o la comunicazione del relativo verbale, in caso di assenza del condomino) e l'inoltro dell'istanza all'amministratore dovrebbe essere conteggiato ai fini della pronuncia di decadenza dall'impugnazione, siccome viene affermato segnatamente che l’art. 5 del D.lgs. 28/2010 non richiama l’art. 2943 del 2 c.c.

 

A una diversa soluzione era invece pervenuto il Tribunale di Milano che,  con una sentenza del 2 dicembre 2016 (poi confermata nel proseguo con altre pronunce ancora) -  aveva ritenuto che il condomino impugnante, una volta fallita la mediazione, avrebbe potuto contare su un nuovo termine di decadenza di trenta giorni, qui argomentando senza fare riferimento all’istituto della decadenza di cui innanzi, ma lasciando così sospesa la vicenda tecnica del termine.

 

In conclusione, tenendo conto dell’interpretazione letterale dell’articolo 1137 codice civile e/o sistematica in rapporto a quella delle norme para processuali in disamina, parrebbe quanto meno opportuno un dibattito sul tema della trasformazione della natura del termine di cui all’articolo 1137 codice civile a seguito della riforma del

 

2013 da “sostanziale con effetti processuali” a “processuale con rilievo sostanziale”, allo scopo di interrogarsi sulla possibilità di mutare il paradigma di riferimento nella configurazione del tipo di eccezione a cui occorre fare riferimento in sede processuale allorquando si discorre di decorrenza dal termine perentorio in disamina.


Immagine: Pixabay, ElasticComputeFarm

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